Il calcio, si sa, non è una scienza esatta. Al contrario, talvolta accadono delle cose che anche gli addetti ai lavori più esperti non immaginerebbero mai. Il 2004, ad esempio, ha regalato agli adepti del Dio Pallone una favola forse irripetibile. In un torneo in cui nessuna partita ebbe esito scontato, una grande determinazione condita da una buona dose di fortuna condusse il Porto di José Mourinho a vincere la Champions League. Va detto che la squadra era già una realtà incontestabile del calcio europeo. Nel 2002-03, infatti, aveva ottenuto un tripletino con la vittoria del campionato, della coppa nazionale e dell’Europa League. Ma quello che il club non si sarebbe mai aspettato era bissare il successo con un’impresa tanto epica.
La provvidenza sul campo di Manchester
Il Porto di The Special One non cominciò nemmeno tanto bene quella Champions. I portoghesi, infatti, nelle prime 2 partite pareggiano col modesto Partizan per poi perdere 1 a 3 in casa con il Real Madrid. Ma dal match successivo la squadra non perde più un incontro.
Le 2 vittorie col Marsiglia, quella nella partita di ritorno con il Partizan e il prestigioso pareggio a Madrid sanciscono un soddisfacente passaggio del turno come seconda classificata. Questo risultato, tuttavia, conduce ad un ottavo di fuoco contro il temutissimo Mancheste United di Ferguson. La squadra inglese parte fortissimo nell’andata in Portogallo e dopo un quarto d’ora è già in vantaggio. Ma il Porto ha un attaccante sudafricano che sembra giocare ogni partita come fosse l’ultima. Si tratta di Benny McCarthy, che prima segna il gol del pareggio e poi, a 10 minuti dal termine, regala alla squadra una preziosa vittoria in ottica del ritorno all’Old Trafford.
Ritorno che si presenta subito durissimo per i Dragões, che al trentesimo subiscono la prima rete degli inglesi firmata da Paul Scholes. Alla fine del primo tempo il centrocampista segna anche il 2 a 0, ma il goal viene annullato dall’arbitro per un fuorigioco inesistente. È l’episodio che cambia l’intero torneo: col passare dei minuti il Porto prende coraggio e, a un minuto dalla fine, si conquista una punizione dai 25 metri. Il tiro di McCarthy, in verità, non è granché ma il portiere degli inglesi Howard non lo trattiene e Costinha la ribatte in rete. Il Manchester è fuori!
Soccombono anche il Lione e il Dépor
Dopo questa impresa niente dovette sembrare impossibile ai lusitani, tanto meno battere i francesi dell’Olympique Lione. L’andata in Portogallo, infatti, mette già un punto esclamativo sulla qualificazione. Uno straordinario Deco e il monumentale difensore Ricardo Carvalho siglano un 2 a 0 che dà grande sicurezza per il ritorno. Il match in Francia si presenta ricco di goal, ma povero di apprensioni per il Porto di Mourinho, che va 2 volte in vantaggio con Maniche e subisce 2 volte un pareggio ininfluente ai termini della qualificazione.
In semifinale ad attendere i portoghesi c’è un avversario molto sottovalutato, ma pericoloso. Si tratta del Deportivo la Corunha, che ha eliminato prima la Juventus e poi il Milan campione in carica con una rimonta epica (sconfitto per 4 a 1 a Milano, ha vinto per 4 a 0 in Spagna). I galiziani sono un avversario davvero coriaceo e all’Estádio do Dragão di Oporto riescono a strappare un buon 0 a 0. Al ritorno non ci sono discussioni: è sicuramente il Porto a fare la partita, anche se al sessantesimo la boa sorte torna a dare un aiutino. Cèsar, difensore del Dépor, nel tentativo di fermare l’incontenibile Deco, lo atterra in area. Sarà Derlei a prendersi la responsabilità di calciare il rigore più importante dell’anno, trasformandolo con grande freddezza.
Una vittoria schiacciante
Come se non fosse abbastanza sorprendente vedere il Porto in finale, ancor più incredibile è il nome dell’altra finalista: il Monaco di Deschamps, che è riuscito nell’impresa di eliminare il Real Madrid prima e il Chelsea poi. Ma quando una outsider arriva così lontano sono due gli epiloghi possibili: o i suoi giocatori raccolgono le energie e la concentrazione per un’ultima impresa, o si subisce il crollo psicologico. Così mentre i giocatori monegaschi non riescono a reggere la forte tensione, gli uomini di Mourinho combattono un’agguerrita battaglia, distruggendo gli avversari sotto ogni aspetto.
Il match, disputato il 26 maggio a Gelsenkirchen, si presenta come una vera e propria guerra di nervi e resta a lungo bloccato sullo 0 a 0. Quando sembra che le squadre possano andare in pareggio all’intervallo, tuttavia, la partita si sblocca. Dopo un batti e ribatti in area, la palla va ai piedi di Carlos Alberto che, lestissimo, insacca. Il Monaco reagisce con grande furia ma poca lucidità, esponendosi al contropiede avversario. Mourinho, grande stratega, sfrutta al meglio la situazione e prima con Deco e poi col russo Alenitchev chiude la partita già a metà del secondo tempo con 2 fantastiche azioni.
È il delirio! Una squadra di sognatori alza la coppa più importante, un intero popolo è in festa. Mourinho, già con le valigie in mano in direzione del Chelsea, partecipa solo alla premiazione per poi lasciare la scena ai suoi uomini durante i festeggiamenti. Molti di loro, un mese e mezzo dopo, sfioreranno il sogno di vincere anche gli Europei in casa con la maglia della Nazionale, venendo però battuti da un’altra grande favola calcistica: la Grecia di Otto Rehhagel.